I social, la “tensione evolutiva visual” e il caso dell’app Jelly

È notizia di qualche giorno fa che Biz Stone, co-founder di Twitter lancia un’app per Android e iOS: Jelly. Non è mio lavoro parlare di tecnologia, app o nuove piattaforme da un punto di vista tecnico (se vuoi ecco l’articolo su Wired). Quello che mi interessa è l’analisi di questa nuova tensione evolutiva verso il visual che stiamo respirando nel mondo dei social network.

Sappiamo che esistono social network basati sulle immagini come Instagram e Pinterest che, quotidianamente, sfornano novità per migliorare la user experience del proprio utente. Anche i titani Facebook, Twitter e Google Plus, nell’ultimo periodo, hanno implementato funzioni e funzioanlità legate alle immagini, alla loro visibilità e alla visualizzazione.

Sul mio blog #futurosemplice ho parlato proprio questa settimana del libro “L’immagine è un oggetto”, evidenziando come la visione proposta dall’autore sia stata per me illuminante. Un’immagine, oggi, diventa un oggetto perché simbolo comunicativo che rimanda a qualcosa. Esiste perché condiviso o meglio è condiviso e quindi esiste.

Ma questa nuova app cosa c’entra?

Jelly rappresenta l’ennesima scoperta dell’acqua calda che riesce a diventare una fontana d’oro, ovvero quella capacià che pochi hanno di intuire dinamiche elementari per concretizzarle in business. Qui, l’immagine non è più accessorio, ma elemento principale e strumento per veicolare il messaggio. Quale messaggio? Una ricerca, una domanda alla quale vorremmo dare risposta. Hai in mente Yahoo Answer? Ecco, però fatto con immagini. Qui sta l’ennesima spinta globale al visual estremo: per domandare qualcosa utilizzo un’immagine, per rispondere utilizzo un’immagine. E la parola, la scrittura?

Non è quello che sai, ma chi conosci che è importante

Intendiamoci, il concept espresso sul sito ufficiale è reale e lo condivido in pieno (ecco una piccola sintesi):
L’umanità è connessa come mai è successo prima e dai famosi 6 gradi di separazione siamo scesi a 4. Non è difficile immaginare che la società sarà composta sempre più da gente che si aiuta a vicenda proprio perchè collegata.
Jelly cambia il modo attraverso il quale troviamo risposte, perché utilizza le immagini, il visual per domandare e sfrutta la connessione con le persone nelle nostre reti sociali. Inoltre, il meccanismo social la fa diventare tutto divertente perché l’immagine annessa a domanda potrà essere condivisa e ricondivisa.
Come dice Albert Einstein ‘l’informazione non è conoscenza . La conoscenza è l’applicazione delle informazioni da reale esperienza umana’. Questo equivale a dire ‘non è quello che sai, ma chi conosci che è importante’  non più quindi un algoritmo ti restituisce la risposta ma, una persona e lo farà perché conosce la risposta.

E il futuro fatto di visual come sarà?

A questo punto inizio realmente a riflettere sul futuro della comunicazione: quali saranno le conseguenze di questa tendenza total visual? Torneremo a parlarci per immagini? Siamo sicuri che non ci stiamo perdendo nulla? O ancora, quanto potrà rispondere a una domanda un’immagine? Quanto è comunque relativa e soggetta a nostre personali interpretazioni che dipendono anche dallo humor di una giornata, dalla nostra esperienza e non solo da quella di chi ci sta inviando quel visual?

Ti è mai capitato di prendere un’immagine e di pensare “wow che bella”, rivederla dopo qualche tempo e dire “mamma mia è orribile”? Noi cambiamo, mutiamo e la parola ci aiuta a descrivere le nostre sensazioni. La perfetta integrazione visual e copy sarà destinata a mutare e morire?

Che dici, son domande troppo drastiche? Però tutto sembra marciare in una direzione, non credi?
Rosa

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