Frequenza di rimbalzo: come abbassarla in Google AdWords?

Nell’ambito del web marketing, studiare e analizzare i risultati che si ottengono è indispensabile per capire su quali strategie puntare in particolare. Un dato che non può essere sottovalutato, per esempio, è quello relativo alla frequenza di rimbalzo: essa rappresenta la frequenza con la quale un utente del web giunge su una pagina specifica di un sito e poi la abbandona senza visitare altre pagine di quel sito.

In linea teorica, più la frequenza di rimbalzo di una pagina ha una percentuale bassa, più il dato è positivo, perché vuol dire che quella pagina ha la capacità di incuriosire l’utente a proposito dei contenuti di quel sito e lo induce a dare un’occhiata alle altre pagine. Ovviamente, ogni caso fa storia a sé. Basti pensare per esempio a dei siti particolari (quelli a cui si fa riferimento parlando di siti vetrina) che possiedono poche pagine, se non addirittura una sola: ovviamente, in tali circostanze la frequenza di rimbalzo sarà molto elevata, ma ciò non vuol dire che si tratti di un dato negativo.

Insomma, se è vero che ogni dinamica merita di essere presa in considerazione singolarmente, è altrettanto vero che in linea di massima la frequenza di rimbalzo deve risultare il più possibile bassa: il che induce gli strateghi del web marketing a individuare i fattori che consentono di raggiungere tale obiettivo.

Non si può prescindere, per esempio, da landing page di qualità: le pagine di “atterraggio”, cioè di destinazione rispetto a un banner, un annuncio o un link, devono risultare accattivanti e interessanti. Devono permettere agli utenti di comprendere non solo il senso di ciò che è scritto, ma anche il valore e l’importanza: tutto questo, nel minor tempo possibile. Spesso chi naviga sul web concentra la propria attenzione sulla pagina che sta visitando per una decina di secondi al massimo: per questo, è indispensabile che la landing page vada dritta al punto e lasci subito il segno.

Un altro aspetto che non può essere sottovalutato è relativo al tempo di caricamento della pagina: è ovvio, infatti, che se una pagina ci mette più di qualche secondo a caricare, l’utente non ha voglia di aspettare ed è portato a chiuderla ancora prima di averla vista. E se è vero che per il successo di una campagna Google AdWords non si può fare a meno di un caricamento rapido, ecco che le landing page devono essere “leggere”, cioè prive di elementi che richiedano molto tempo per essere caricati.

Non sempre si presta la dovuta attenzione, poi, alla call to action, a prescindere da quale sia lo scopo finale che la campagna intende raggiungere: è importante invitare gli utenti a mettere in pratica l’azione verso cui li si vuole indurre, sia che si tratti della compilazione di un form, sia che si tratti di contattare un servizio clienti, sia che si tratti dell’iscrizione a una newsletter, sia che si tratti di un acquisto vero e proprio, e così via.

Inoltre, è bene curare non solo le parole chiave, ma anche le parole chiave negative: il tempo dedicato a loro non è mai sprecato.

Infine, non è mai inopportuno ricordare la necessità di ottimizzare le pagine per i dispositivi mobili sfruttando il responsive design: un accorgimento a cui non si può rinunciare se si vuole ridurre la frequenza di rimbalzo, vista la diffusione di tablet e smartphone. Qualsiasi pagina che non si adatti allo schermo di un device portatile è, semplicemente, da rifiutare a priori.

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